Sempre più spesso, da un po’ di tempo a questa parte, si sente parlare di agricoltura biologica, tanto che si può ritenere che tale espressione sia entrata ampiamente nel linguaggio comune, soventemente in opposizione alla definizione di agricoltura tradizionale. Ma è davvero così? E cosa si intende nel concreto per agricoltura biologica? Cerchiamo di fare chiarezza.
Innanzitutto per agricoltura biologica si intende quel tipo di agricoltura in cui si pone come obiettivo principale, quello di produrre frutta e verdura rispettando appieno non solo la stagionalità dei prodotti, ma anche la natura dei terreni.
Una delle caratteristiche principali della bioagricoltura è infatti, l’eliminazione di tutte quelle sostanze (concimi non naturali, diserbanti…) il cui uso, data la natura chimica delle stesse, possa causare danni alle piante durante il loro trattamento.
Bioagricoltura: la norma europea 2092/91
Esistono dei parametri abbastanza rigorosi che caratterizzano un’agricoltura biologica. Senza la coesistenza di questi parametri, un’agricoltura non può definirsi totalmente BIO. Sono state redatte infatti, delle linee guida all’interno della norma europea del 1991 numero 2092, in cui si esplica, tra le altre cose, il significato stesso di questo tipo di agricoltura.
Nella norma europea inoltre, si definisce in modo chiaro tutto ciò che concerne la produzione di verdura e frutta biologici, nel pieno rispetto della crescita naturale degli stessi, della stagionalità e della cura circa la coltivazione dei terreni a disposizione.
Non meno importanti, i divieti imposti circa l’impiego di concimi chimici, diserbanti ed altre sostanze sintetiche ritenute dannose alle piante in primis, e alla salute dell’uomo che andrà in un secondo momento a consumarne i frutti.
Va inoltre sottolineato come tutta la filiera di produzione, debba essere controllata sin dalle prime fasi: dalla coltivazione, passando poi al raccolto fino alla vendita al pubblico.
Vantaggi e svantaggi di questo tipo di agricoltura: gli studi sull’ecosistema
Alla luce di quanto detto, viene naturale porsi una serie di quesiti certamente fondamentali. Quali siano i vantaggi che la bioagricoltura reca ad esempio. E poi ancora, viene da chiedersi se l’agricoltura biologica possa in un certo qual modo escludere quella tradizionale e viceversa.
Quale rapporto possa sussistere insomma tra le due tecniche: se possano e debbano coesistere e quali siano, se ci sono, i contro, o meglio gli svantaggi che l’adozione di un’agricoltura biologica possa comportare.
Vediamo di rispondere a queste domande mediante l’analisi di alcuni dei dati raccolti a seguito di ricerche eseguite dall’ente Rodale Institute, primo per gli studi comparati tra metodi convenzionali e biologici nell’agricoltura, e la Oxford University che ha invece condotto un progetto di ricerca in merito all’impatto ambientale dipeso da entrambe le tipologie di agricolture, biologica e tradizionale-convenzionale.
Stando a quanto emerso dagli studi effettuati dal Rodale Institute, l’agricoltura biologica, basandosi sul criterio della rotazione dei terreni da coltivare, fa ottenere raccolti che siano equivalenti per quantità, a quelli ottenuti con l’agricoltura tradizionale, ma non solo.
Tali raccolti infatti, risultano essere anche qualitativamente superiori, poiché privi di sostanze chimiche e residui di fitofarmaci e pertanto sono certamente più salutari. Vediamo ora maggiormente nel dettaglio quale sia stata la risposta dei terreni in cui si è coltivato attraverso la bioagricoltura.
In primo luogo, come anticipato, i terreni sottoposti a rotazione delle colture, hanno sì dato quantitativamente lo stesso raccolto ottenuto dai metodi tradizionali, ma allo stesso tempo hanno offerto un raccolto senz’altro privo di tutta la serie di sostanze chimiche ampiamente impiegate nel caso dell’agricoltura tradizionale, e dunque migliore dal punto di vista della salute.
I terreni impiegati per la bioagricoltura inoltre, sono risultati maggiormente resistenti alla crescita di erbacce ed alla siccità, offrendo di fatto, raccolti maggiori nei casi di penuria d’acqua piovana, rispetto a quanto prodotto nei terreni impiegati per l’agricoltura convenzionale.
Veniamo a quanto emerso invece, dagli studi eseguiti da un gruppo di ricercatori dell’Università di Oxford. L’obiettivo principale di tali ricerche, era conoscere i possibili impatti sull’ecosistema e in vasta scala sull’ambiente, sia nel caso di agricoltura tradizionale che di agricoltura biologica.
Gli scienziati dell’unità di ricerca della celebre università inglese, ha confrontato una serie di studi europei condotti nell’arco temporale di sette giorni, in cui sostanzialmente venivano computati diversi parametri quali la tutela della biodiversità, il contenuto di sostanze chimiche nocive, le emissioni di gas serra, le emissioni di ossido di diazoto, di ammoniaca, di fosforo e di ulteriori sostanze responsabili, tra le altre cose, dei processi di acidificazione ed eutrofizzazione dell’ambiente.
Dal confronto effettuato tra le due tipologie di agricolture e dall’analisi dei parametri, in parte riportati in precedenza, è risultato che la biodiversità sia maggiormente tutelata mediante la bioagricoltura in cui risulta difatti superiore per il 30% a quella registrata in agricoltura convenzionale.
Più o meno le stesse sono invece, le emissioni di gas serra, mentre variano per percentuale, le quantità registrate di ossido di diazoto e di ammoniaca le cui emissioni sono risultate minori nell’agricoltura tradizionale per unità di prodotto.
Va detto che l’agricoltura biologica necessita di un consumo maggiore di terreno al fine di ottenere le stesse quantità ingenti di prodotto, ma è doveroso sottolineare che tale impatto viene riassorbito dall’effettiva diminuzione di agenti inquinanti, non impiegando sostanze chimiche, e dalla diminuzione di energia, consumata in misura minore, poiché vanno decurtati tutti i costi legati al trasporto dei fertilizzanti.
Conclusioni delle ricerche: una possibile agricoltura ibrida
Con l’intento di mitigare gli svantaggi dell’una e dell’altra tipologia di agricoltura, gli studiosi del campo ed i gruppi di ricerca, suggeriscono di adoperare delle forme ibride di agricoltura, frutto cioè dell’integrazione delle tecniche, dei sistemi di coltivazione che caratterizzano l’agricoltura tradizionale e quella biologica.
Di quest’ultima in particolare, si suggerisce l’adozione della “lotta biologica”, l’introduzione cioè di tecniche naturali basate sull’antagonismo di specie.
Tra queste tecniche troviamo ad esempio quelle alla base della moltiplicazione dei cosiddetti “insetti utili” quali farfalle, coccinelle ed api che possano sostituirsi ai pesticidi. Sarà determinante richiamare questi insetti attraverso colori, polline e profumi, impiegando delle piante, definite alleate, specificatamente piantate per questo intento, come fiordalisi, calendule ed ortiche.