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Rimborsi chilometrici, quando è dovuta l’indennità di trasferta?

L’indennità chilometrica è il rimborso che l’azienda eroga al dipendente che utilizza il proprio veicolo per svolgere le mansioni lavorative. Ci sono diversi aspetti fiscali che riguardano la questione dei rimborsi chilometrici sia per l’azienda che per il lavoratore dipendente, vediamoli più nel dettaglio.

Trattamento fiscale in capo all’azienda

La disciplina fiscale che regole i rimborsi chilometrici fissa come somma deducibile a capo all’azienda, il costo di percorrenza per le vetture con potenza massima non superiore a 17 cavalli se benzina e, non superiore a 20 cavalli, se diesel.

Un’eventuale eccedenza tra costi chilometrici effettivi e quelli deducibili è soggetta a tassazione. Nel rimborso chilometrico sono inclusi i costi di utilizzo del mezzo (carburante), mentre non sono incluse le altre spese quotidiane sostenute durante le trasferte, come pedaggi e parcheggi, per le quali si può richiedere un rimborso a parte.

Non è fondamentale che il lavoratore dipendente sia il proprietario del mezzo, è sufficiente che abbia la disponibilità dello stesso come, ad esempio per il noleggio.

L’importo dell’indennità deve essere stabilito tenendo conto della percorrenza, della tipologia di automezzo usato dal lavoratore e il costo chilometrico ricostruito secondo il tipo di vettura.

Trattamento fiscale in capo al lavoratore

Il rimborso chilometrico non viene tassato per il dipendente, in quanto, generalmente, non è classificabile come remunerazione, ma come indennizzo per i costi sostenuti per conto dell’azienda.

Per trasferta s’intende lo spostamento del dipendente dalla propria sede abituale di lavoro verso altro luogo, per svolgere la sua attività lavorativa, ma bisogna fare una distinzione tra trasferta fuori Comune rispetto a dove ha sede l’azienda e nello stesso Comune.

Se il lavoratore fa una trasferta al di fuori del Comune dove è ubicata la sede di lavoro, è previsto il regime di non imponibilità; se fa la trasferta all’interno dello stesso Comune, allora l’indennità percepita è soggetta a tassazione.

Come si calcola il rimborso chilometrico

Per calcolare correttamente l’ammontare del rimborso chilometrico che l’azienda deve corrispondere al lavoratore dipendente, è necessario far riferimento alle Tabelle ACI, che prevedono due tipi di costi annui di percorrenza:

  • Proporzionali: riguardanti l’utilizzo del mezzo (carburante, pneumatici manutenzione e riparazione)
  • Non proporzionali: svincolati dall’utilizzo del mezzo (Assicurazione R.C.A, tassa automobilistica).

Per la determinazione del costo chilometrico l’azienda può:

  • Riconoscere solo i costi proporzionali: il rimborso è completamente deducibile se l’autovettura rientra nella categoria dei 17 cavalli fiscali a benzina, e i 20 cavalli fiscali a diesel.
  • Riconoscere i costi proporzionali e una parte dei non proporzionali: il calcolo non tiene conto dei costi non proporzionali imputati per utilizzo personale. Ad esempio, la suddivisione i base al rapporto tra percorrenza casa lavoro, oppure, tramite una ripartizione che si basa sul rapporto dei giorni impiegati nelle trasferte di lavoro e quelli per uso privato.

La risoluzione dell’Agenzia delle Entrate dell’11 aprile 2014 n. 38/E chiarisce che:

“Le indennità chilometriche possono considerarsi quali rimborsi delle spese di viaggio sostenute dal soggetto interessato per raggiungere il luogo dell’esercizio dell’attività mediante un proprio mezzo di trasporto” e che “per rientrare tra le spese documentate non possono essere forfetarie, ma devono essere necessariamente quantificate in base al tipo di veicolo e alla distanza percorsa, tenendo conto degli importi contenuti nelle tabelle elaborate dall’Aci”.

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