Capacità decisionale, carisma, senso pratico, abilità relazionali e di leadership: sono tante le doti che un manager deve vantare, e per questo la scelta del professionista perfetto per ricoprire questo ruolo è spesso difficoltosa piena di insidie. Ci sono tanti candidati che sulla carta presentano tutte le competenze necessarie ma che poi, alla prova dei fatti, si rivelano per essere poco adatti per la gestione di una determinata area aziendale. Altre volte, invece, le imprese si imbattono in manager troppo concentrati su sé stessi e sulla propria carriera, al punto da mettere a repentaglio il raggiungimento degli obiettivi aziendali per privilegiare la propria carriera e i privilegi acquisiti.
Selezionare il manager giusto, quindi, è tutt’altro che facile. Ma quali sono gli aspetti da considerare in questo delicato processo? Lo abbiamo domandato a Carola Adami, CEO di Adami & Associati, società di head hunting leader nella ricerca e selezione di personale qualificato. «Le diverse aziende hanno visioni totalmente diverse circa il manager perfetto. C’è chi pensa che questo professionista debba essere un visionario, un creativo, un vero fantasista, mentre secondo altri il manager ideale è stabile, profondamente maturo e anche un filino noioso». Chi ha ragione? «La ragione, come spesso accade, sta nel mezzo. Di certo un buon manager deve avere una buona dose di creatività, deve essere un gran comunicatore, deve avere carisma, ma deve anche essere obiettivo, trasparente e soprattutto affidabile e generoso». E non è tutto qui: «non deve mai sentirsi arrivato. Il manager ideale è quello che continua a lavorare su se stesso, che si mantiene aggiornato e che, di tanto in tanto, sa mettersi in dubbio, mettendo da parte quei pericolosi preconcetti che possono ledere seriamente lo sviluppo di un’azienda».
Per selezionare il manager perfetto, quindi, non è sufficiente individuare una lista di competenze tecniche. Come sottolinea l’head hunter, infatti, «le hard skills non bastano. Oltre a conoscere approfonditamente il lavoro del proprio futuro reparto, il candidato ideale è quello che si mostra in grado di formare e di motivare il proprio team, nonché di assumersi pienamente la responsabilità dell’intera sezione aziendale». E gli studi lo dimostrano, con una ricerca Gallup che rileva come il coinvolgimento dei lavoratori crolla drasticamente al 2% nel momento in cui i manager non si mostrano in grado di relazionarsi con la propria squadra.
Non sono, però, solamente le imprese a scegliere i manager giusti. Sono infatti anche quest’ultimi, molto spesso, a soppesare le offerte delle varie aziende interessate. Ma cosa cerca un talentuoso manager in una nuova azienda?
Cosa si può fare, dunque, per attirare i migliori professionisti? «Non tutti i manager, va detto, ricercando le medesime cose: un manager giovane sarà soprattutto alla ricerca di possibilità di carriera, laddove invece una figura senior ricercherà alti spunti. Di
sicuro, però, un’azienda che è alla ricerca di un ottimo manager deve lavorare seriamente sul proprio employer branding, e quindi sulla propria reputazione come datore di lavoro, così da guadagnare punti nei confronti dei proprio competitors». A contare, quindi, non sono solamente i salari. «Assolutamente no. Soprattutto per le nuove generazioni di manager, lo stipendio diventa un elemento secondario, oscurato da altri fattori primari come l’autonomia decisionale, la possibilità di carriera, e i benefit collaterali».
Ma quando guadagna un manager? Impossibile fornire un dato preciso: nelle piccole aziende lo stipendio minimo si aggira intorno ai 2.300 euro, laddove invece, nelle grande aziende, un normale manager può aspirare a stipendi di partenza intorno ai 3.000 euro. Da lì in poi, del resto, si può solo salire, con molti responsabili specializzati che riescono ad assicurarsi stipendi annui ben oltre i 100.000 euro. Cifre importanti, le quali non devono però stupire più di tanto guardando alla loro età media: stando ai dati Istat, infatti, il 57% dei circa 106 mila manager italiani ha più di 50 anni.
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