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Arte: Carapelli for Art 2020 annuncia i vincitori della terza edizione tra i 1.720 partecipanti da 80 nazioni del mondo.

Annunciati i vincitori della terza edizione del premio internazionale dedicato alle arti visive

Firenze, 14 ottobre 2020 – La terza edizione del premio internazionale per le arti visive promosso da Carapelli Firenze S.p.A. Carapelli for Art 2020 è stata lanciata il 18 maggio scorso raggiungendo in circa due mesi dei risultati eccezionali, con ben 1.720 partecipanti, da 80 diverse nazioni del mondo.

Come di consueto, due le categorie del premio: Open aperta a tutti gli artisti professionisti, e Accademia rivolta agli studenti delle Accademie di Belle Arti di vari Paesi. Sulle candidature si è espressa una giuria formata da Elisa del Prete (curatrice) Matteo Innocenti (curatore), Massimiliano Tonelli (direttore editoriale Artribune), Gabriele Tosi (curatore).

Il tema con cui si sono confrontati gli artisti che hanno partecipato al bando è stato “Radici”: le radici ci tengono saldi a terra, per farci crescere in altezza; sono la nostra identità, storia, tradizione a livello individuale e collettivo. Rendono possibile ogni forma di scambio poiché la loro forza è inclusiva. Ciò è nel loro principio: ci danno nutrimento e stabilità, per permettere lo sviluppo e la trasformazione. In arte le radici possono essere il rapporto con la propria origine, il carattere ricorrente di una ricerca, il legame saldo con una materia o un’idea, l’elemento primo e necessario di un processo.

Anche quest’anno, dopo un’attenta selezione, la giuria ha selezionato i quattro finalisti. Siamo, quindi, lieti di annunciare che i vincitori dell’edizione 2020 del Carapelli for Art sono: per la Categoria Open, Sergia Avveduti e Arturas Bumšteinas; per la Categoria Accademia, Silvia Bertoldo e Carlos Casuso.

La giuria ha, inoltre, assegnato due menzioni speciali: Valerio Veneruso (Open) e Max Mondini (Accademia).

Con un montepremi complessivo di 12.000 euro divisi tra le due categorie, Carapelli intende così dare un sostegno concreto alle arti visive, alla cultura ed ai talentuosi artisti che hanno partecipato a questo importante bando, soprattutto in un periodo di difficoltà a livello globale.

Come per le passate edizioni, le opere degli artisti vincitori entreranno a fare parte della Collezione Carapelli.

La terza edizione non finisce qui! In attesa di poter organizzare l’evento finale con l’esposizione delle opere vincitrici e la presentazione degli artisti finalisti, l’appuntamento per le prossime settimane torna sui canali social del concorso. Dopo aver condiviso, negli ultimi mesi, interviste e riflessioni da parte della giuria e delle Accademie di Belle Arti partner del progetto, adesso è il turno di parlare dei vincitori.

Nelle prossime settimane verranno, infatti, rilasciati contenuti speciali che racconteranno i tratti salienti di questa particolare edizione 2020, approfondimenti sulle opere vincitrici e contenuti extra da parte dei finalisti premiati.

 

Categoria Open

Sergia Avveduti (Lugo, Ravenna, 1965) – Freccia esplosa

 

 

 

 

 

 

L’opera esprime una grande capacità di trasfigurare degli elementi tradizionali – sia materiali che concettuali – entro una narrazione affascinante e misteriosa; la freccia esplosa è un vettore che indica il frangersi del tempo, da un punto di inizio ad uno finale che in certo modo coincidono (l’origine della creazione, l’esplosione – pura radice – è forse anche l’esito di un futuro lontanissimo). L’opera scultorea, nella sua apparente instabilità, decostruzione e ri-assemblamento di un meccanismo di orologio, si relaziona con l’incertezza della condizione umana. Da anni scultrice puntuale e sperimentale, Sergia Avveduti porta avanti un lavoro unico e importante nella scena artistica italiana attuale per la coerenza di una ricerca formale in costante evoluzione. Attualizzando continuamente segno e forma, interrogandosi sull’origine del loro depositarsi, l’artista si fa erede di una storia dell’arte che non inventa ma trasforma, interpreta e traduce. Il suo sguardo si sposta instancabilmente da un paesaggio che è natura e artificio, all’opera e viceversa, riattualizzandone costantemente il senso.

Arturas Bumšteinas (Vilnius, Lituania, 1987) – Navigations

 

 

 

 

 

Navigations è un’installazione che emerge da un’intersezione tra arte, musica e teatro. Si riferisce alle macchine sceniche del periodo Barocco, adatte a simulare, sul palco, una tempesta. Nell’azione performativa, attualizzata, le stesse macchine vengono esibite e il processo immaginativo si inverte: l’origine di un effetto narrativo diventa narrazione, mentre l’osservatore, o ascoltatore, evoca in sé il resto di una possibile rappresentazione. In modo concorde alla semplice ingegnosità degli antichi strumenti, l’opera conserva un evidente valore scultoreo, rispondendo pienamente al concetto di “radice” introdotto quest’anno dal Carapelli for Art, se si pensa al processo di concatenazione che le radici sottendono, nella loro formazione come nel loro divenire. Attingendo all’immaginario marittimo di attuale pregnanza ma privandolo di ogni scontato riferimento al presente, l’artista ne fa oggetto di una condizione contemporanea che ci accomuna riuscendo a raccontare proprio quella lotta impari che l’uomo continua a combattere da secoli per dominare il mare: il navigare quale desiderio di radicamento ma al tempo stesso proiezione.

Categoria Accademia

Silvia Bertoldo (Bassano del Grappa, 1996) – Funambolo

 

 

 

 

 

 

Il lavoro interpreta il fondamento scultoreo dell’equilibrio e del gesto e per la capacità dell’artista di orientare la forma alla rappresentazione di legami interiori tra specie ed esseri diversi. La scultura proposta dall’artista è registrazione metaforica, discreta ma aerea, dell’adattamento continuo a cui ogni cosa è sottoposta. In senso più ampio, Bertoldo propone un’interessante ricerca sulle potenzialità scultoree della materia organica, per natura, in costante trasformazione.

Carlos Casuso (Assisi, 1995) – X-About credit and debt

 

 

 

 

 

 

Opera premiata per il modo in cui l’artista affronta le radici della pratica pittorica a partire dal rapporto dell’uomo con la tecnica. La “deposizione” proposta da Casuso accoglie in una composizione sorprendentemente verosimile espressioni, gesti e campiture diverse. Tutte raccolte in una tecnica mista ma ordinata di acquarello, tempera e pittura a olio. Come se l’artista volesse ripercorrere diversi approcci dell’uomo con l’immagine dipinta, facendo emergere un serbatoio comune per la pittura occidentale tenendo assieme segni che vanno dal medioevo al fumetto fino al racconto del presente. Il lavoro di Casuso, se da un lato si innerva su una poetica del frammento che imputa all’opera un’aura di memoria, dall’altro, saltellando tra tecniche, cromie e riferimenti, dà vita ad un intreccio dinamico tra passato e presente.

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